Barca nuova o usata? Questo è il dilemma!
La barca perfetta
Purché galleggi e possa navigare in sicurezza, ogni barca è quella giusta. Non ci sono questioni di dimensione, di propulsione, di forma e di colore che possano disattendere questo assunto.
La barca giusta è come il cane, deve assomigliare al proprio padrone/armatore, anche se a volte può accadere il contrario e sia la barca a dare il proprio imprinting al suo proprietario, in special modo quando è alle prime armi. Tranne che per alcuni incontri occasionali e fortuiti, spesso questa si rivela una delle prime cause dell’abbandono in porto, la versione nautica dell’abbandono di animali da compagnia in autostrada che, pur con stagionalità ribaltata (cioè sempre tranne che in estate) rende vittime dell’incuria dei proprietari le numerosissime barche che languono all’ormeggio, come fossero legate a un guardrail anziché a un pontile.
Giusta, allora significa adeguata alle proprie capacità? Oppure la barca è giusta perchè fa colpo sugli amici? Sfatiamo un falso mito. La questione prima che tecnica è morale: la barca giusta è quella che ogni navigante riesce a utilizzare, con la quale può riuscire a mollare gli ormeggi con un accettabile livello di serenità e di autonomia, soprattutto emotiva. Giusta, può equivalere ad equa? Inteso come “per le proprie tasche”. Nel caso non si tratta solo di analizzare la spesa all’acquisto, ma di valutare anche i costi di gestione. Quindi, di nuovo questa domanda se ne trascina appresso un’altra: la barca giusta è nuova o usata?
In realtà non sarebbero proprio queste le domande che l’aspirante armatore dovrebbe porsi per prime. O meglio: tutte queste risposte devono essere risolte prima dell’acquisto, partendo però dall’assunto che la barca giusta per ognuno è innanzi tutto “quella che fa per me“. Proprio per questo le prime domande che l’aspirante armatore deve porsi al momento di avviare le indagini per l’individuazione del oggetto del desiderio non è “qual’è la barca giusta”, anelando a un ipotetico mezzo al di sopra delle parti, quanto: “come faccio a decidere quale barca fa per me?” oppure, ancora meglio “Cosa so fare e cosa voglio farci, con una barca”. Anche perché “quella che fa per me” in quel determinato momento del proprio percorso di appassionato, non è detto che corrisponda a “quello che fa per me” tra qualche anno, quando l’esperienza si è arricchita di nuove consapevolezze, e navigando sarà giunto a nuova maturazione. Non sempre una barca è per sempre. Anche se oggi come oggi, nel mondo della nautica è tanto facile acquistare quanto è difficile rivendere, e per qualche armatore il legame con la propria barca, suo malgrado, sta diventando più indissolubile di quello con un coniuge.
Insomma, per fare una scelta ponderata è necessario che ci si ponga una serie di domande preliminari; poi, passo dopo passo, risposta dopo risposta, il percorso prosegue come una flow chart, con una sequenza di altre domande a cui sottoporsi.
Vela o motore? Qui davvero le caselle vanno barrate senza lasciarsi influenzare dagli aspetti economici: tutti sanno che una barca a vela costa meno, sia all’acquisto sia nell’esercizio; a parità di investimento l’unità sormontata da uno o più pali verticali può essere di maggiori dimensioni rispetto una di pari costo ma ad esclusiva propulsione endotermica. La filosofia di utilizzo però è talmente differente che in poco tempo una propulsione sbagliata è in grado di scoraggiarne l’utilizzo e indurre all’abbandono dell’esperienza, in favore di interessi più facilmente perseguibili, tra i quali l’alpinismo, il golf o lo shopping compulsivo, attività che per altro potrebbe già essere stata praticata a partire dalla barca.
Sportiva o vacanziera? Non c’è verso, l’indole del padrone è determinante. Spesso gli amici fanno pressione per il motoscafo più veloce o per il veliero da competizione, ma i mezzi più performanti inevitabilmente richiedono più energie, consumano di più o prevedono il coinvolgimento di tante braccia. Di solito dopo i primi pieni o i primi bordi, gli amici spariscono e l’armatore rimane solo, a pagare o a faticare. La barca tranquilla invece coinvolge gli amici per più tempo, prolunga le condivisioni, che a volte però vanno oltre il necessario. Soprattutto se la barca è grande (e c’è bisogno di forza lavoro per mollare gli ormeggi), l’armatore rischia di diventare schiavo dei riti sociali, vittima della sindrome dell’agriturismo o del B&B, costantemente preso dalla presenza di ospiti in pozzetto, di commensali in quadrato e di terzi incomodi in cuccetta. I requisiti tecnici di una barca, la sua attrezzatura, dicono molto sul suo carattere e sul suo comportamento in mare e in manovra, bisogna osservarla attentamente prima di decidere se così com’è fatta può entrare a far parte della propria famiglia, se può integrarsi con i ritmi e le esigenze dell’equipaggio titolare. Saranno gli amici che – se vorranno – si dovranno adattare alla barca. Si, perché ogni barca dice molto anche sul suo armatore.
C’è da metterci le mani? Che sia nuova o che sia usata, ogni barca richiede sempre tante attenzioni, in quantità esponenziale rispetto le sue dimensioni. Il tempo libero e il piacere per il bricolage può indurre alcuni verso la barca più anziana, bisognosa di maggiori cure; il poco tempo o la poca propensione per le attività manuali al contrario dovrebbe istigare all’acquisto del nuovo. Il ché non esenta comunque dalla necessità di doversi sporcare le mani: è solo questione di probabilità, di percentuali, di frequenza. Diversamente l’usato, che all’acquisto ha minor prezzo, può diventare esternamente più costoso se i lavori di manutenzione vengono delegati a terzi.
Serve coinvolgere un perito? Per il nuovo la risposta è incerta: dipende dalla fama del cantiere, quanto sia conosciuto e con quale nomea. Ma per l’usato, recente e meno recente, non c’è alcun dubbio, la risposta è sempre, solamente e laconicamente una: si! Attestati e ricevute di cantieri che comprovano recenti ristrutturazioni, dichiarazioni scritte del proprietario, spergiuri del venditore, pareri dotti degli esperti di banchina, perizie giurate del barista del bar del porto. Nulla vale quanto l’osservazione professionale di un soggetto “terzo” è disinteressato, che tra le altre cose possiede e sa utilizzare una di quelle macchinette ad ultrasuoni che penetra e rovista nella materia di cui è fatta la barca. Una versione meno invasiva del vecchio punteruolo con il quale i periti di un tempo scarnificavano in punti sapientemente individuati il legno dello scafo. Avere un’idea chiara del suo stato, per programmare la manutenzione, per valutare il suo livello di affidabilità, offre scenari e prospettive più nitide sulle sue effettive opportunità di utilizzo. Budget, tempi… tutto all’improvviso appare più esplicito, i timori di essere vittime di possibili quanto imprevedibili spade di Damocle si riducono. Il lavoro di un buon perito costa, ma non ha prezzo.
Le domande che possono sorgere da un simile approccio all’acquisto della barca possono essere ancora numerose. Ogni risposta può aprire nuovi scenari, dubbi legittimi, incertezze o conferme che progressivamente dissipano la foschia emotiva che aleggia sui depliant dei cantieri e sugli ormeggi forzati di barche in cerca di nuovo padrone. Preso in esame tutto quanto è stato detto fin qui, e anche tanto altro, ogni considerazione fatta deve poi essere accantonata. Gli appunti presi vanno appallottolati, i file di Excel cestinati, le risposte date a tutte le domande devono essere relegate nel subconscio. Nessun timore, niente andrà perduto, nulla di tutto quello a cui è stata data risposta si rivelerà inutile: nelle considerazioni emotive riemergerà tutto. Ma una barca, alla fine, la si deve scegliere sempre con il cuore, anche se quasi mai si tratta di amore a prima vista. In fondo, non accade così anche con le persone che ci sono più vicine?
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